LA DONAZIONE DEL MONTE DELLA VERNA
Nel 1213 il Castello era di proprietà del Messer – Conte – Orlando Cattani. Essi si incontrarono a San Leo, in Montefeltro. In questa occasione il Messer rimase colpito dalla predicazione del frate e volle fargli dono del Monte della Verna che divenne luogo di numerosi e prolungati periodi di ritiro.
«Io ho in Toscana uno monte divotissimo il quale si chiama monte della Vernia, lo quale è molto solitario e salvatico ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalle gente, o a chi desidera fare vita solitaria. S’egli ti piacesse, volentieri Io ti donerei a te e a’ tuoi compagni per salute dell’anima mia.»
(Messer –Conte- Orlando Catani di Chiusi della Verna prima di donare il monte a San Francesco d’Assisi, 1213)
LA VERNA
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LA FONTE DI SAN FRANCESCO
Si racconta che un giorno molto caldo, San Francesco in groppa ad un somarello, andava da Sarna alla Verna passando dall’antico sentiero che percorre il crinale del poggio di Stabarsicci e del poggio di Fognano, tra il villaggio di Dama da un lato e quello di Fognano dall’altro. San Francesco era accompagnato da un contadino della zona che teneva la corda del somarello per poterlo guidare.
Era molto caldo e il somarello e il contadino non ce la facevano più.
D’ improvviso il somarello si fermò e il contadino si distese a terra. “Ci fosse almeno un po’ d’acqua!” esclamò il contadino, ma l’acqua non c’era. San Francesco, sceso dal somarello, non si perse d’animo. Si avvicinò ad una grande roccia che costeggiava il sentiero e vi appoggiò il dito indice della mano. Un attimo dopo la roccia cominciò a zampillare acqua freschissima che dissetò i tre pellegrini e permise loro di riprendere il cammino verso la Verna
E da allora, fino ai nostri giorni, dalla roccia è sempre sgorgata l’acqua freschissima che nel corso dei secoli ha dissetato molti viandanti. .In ogni stagione la portata della fonte è sempre uguale: due gocce al secondo.
Questa acqua, si scoprì presto, non levava solo la sete ma era utile alle malattie del corpo. Fu così che moltissima gente che andava alla Verna si fermava e beveva, ottenendo risultati prodigiosi nei confronti della stanchezza, dei dolori, della disappetenza, della febbre…..
Nei secoli crebbe la fama della piccola fonte e nel 1883 fu costruita lì accanto una Cappella dedicata a San Francesco. Sul suo Portale si puo’ leggere: “La Fonte qua vicino è detta di San Francesco. L’acqua di essa come giovevole nelle malattie fu sempre ricercata dai fedeli”.
Quest’acqua divenne ancora più conosciuta negli anni ’30 del secolo scorso, quando Frate Achille la usava nella preparazione di tantissime sue pozioni.
Oggi quasi più nessuno percorre l’antico sentiero e la Fonte, con la sua Cappellina, è quasi sempre sola.
E’ facile arrivarci: prendendo il sentiero che dalla strada provinciale della Verna, qualche centinaio di metri a valle della Beccia, porta al Poggio di Fognano.
E soprattutto berne un po’, ne vale sicuramente la pena!
Riscontro in Bartolomeo da Pisa:
Il miracolo a cui si è ispirato Giotto per l’affresco è stato narrato tra il 1246 e il 1247 da Tommaso da Celano nella Vita Seconda di San Francesco (XVII, 46). Il Santo “voleva un giorno recarsi ad un eremo per dedicarsi più liberamente alla contemplazione”. Questo eremo è stato identificato con la Verna da Bartolomeo da Pisa. Era d’estate, San Francesco era molto debole e ottenne da un povero contadino di poter usare il suo asino. Cammina, cammina, “il campagnolo, che seguiva il Santo arrampicandosi per sentieri di montagna, era spossato per l’asprezza e la lunghezza del viaggio” e non ne poteva più, riarso dalla sete. Si mise a gridare e pregò il Santo di avere misericordia di lui e di procurargli dell’acqua. Francesco scese dall’asino, s’inginocchiò e si mise a pregare con le mani al cielo, rimanendo in preghiera fino a quando non fu esaudito, con la fuoriuscita di acqua dalla roccia. “Su, in fretta – gridò al contadino – là troverai acqua viva, che Cristo misericordioso ha fatto scaturire ora dalla roccia per dissetarti”.

L'EREMO DELLA CASELLA
Dal sito “Il Cammino di Assisi”
La leggenda narra che S. Francesco, dopo aver ricevuto le Stimmate, lasciò la Verna il 30 Settembre 1224.
L’itinerario che doveva seguire si snodava verso Monte Arcoppe (Montalcoppi), il Foresto e raggiungeva la località chiamata la Casella (Caprese Michelangelo), da dove, via Castello di Montauto, Sansepolcro, Città di Castello, sarebbe giunto ad Assisi.
Alla Casella volle fermarsi per compiere un rito. Da quell’altezza, dove l’occhio spazia nella vastità di superbi paesaggi, S. Francesco, cosciente che quel viaggio sarebbe stato senza ritorno (morirà ad Assisi il 3 Ottobre del 1226), guardò lungamente verso la Verna e con profonda commozione disse: “Addio, monte di Dio, monte santo, mons coagulatus, mons pinguis, mons in quo beneplacitum est Deo habitare! Addio monte Alvernia; Dio Padre, Dio Figliolo, Dio Spirito Santo ti benedica! Restati in pace, che più non ci vedremo“.
Ma la prima traccia storica che si ha dell’Eremo della Casella si trova in un manoscritto che porta la data del 30 Settembre 1228, giorno-anniversario della partenza del Santo, da dove è stata appunto ripresa la precedente frase. Simili sono le parole che si trovano in un libro stampato a Firenze nel 1628 ed esistente nella biblioteca della Verna che, dopo la descrizione della sosta di S. Francesco, recita così: “E dette queste parole con abbondanza di lacrime grande fece, per mano dei suoi compagni, piantare una croce in quest’istesso luogo, dove disse il vale al monte e fece la partenza. In memoria di cui, dopo che fu canonizzato l’anno del Signore 1229 la comunità di Caprese, di Sovaggio ed altri popoli circonvicini fecero questa cappella“.
Nello stesso testo si legge anche: “In questa Cappella opera il Signore, per i meriti del suo servo Francesco, molti miracoli: vanno i popoli circonvicini ogni anno a visitar quella il secondo giorno della Pentecoste, ed il Rev.do Piovano di Sovaggio, sotto la cui Parrocchia è detta Chiesa, vi dice in tal dì la Messa ed offeriscono li devoti le loro preghiere, doni e voti in quel Santo luogo. Quando alcuna volta la terra patisce di pioggia, costumano quei popoli andare in processione a pregare per tal bisogno, ed in segno della lor petizione levano dal tetto una lastra; (mirabil cosa) pochissime volte sono, anzi mi hanno detto nessuna, che non abbia piovuto l’istesso, ovvero il seguente giorno. Motivo per cui fu costruita la detta Cappella.“
All’inizio fu costruita solo una piccola Cappella, che vide poi nascere anche un adiacente romitorio. Esso esisteva già nel 1522, perché in quell’anno, come risulta da un documento dell’archivio Comunale di Caprese Michelangelo: “22 Gennaio 1522. Venuto ed atteso che alla Cappella in sullalpe di dicto comune è venuto ad habitare uno romito, homo relligioso et devoto il quale desidererebbe… stanziorno per dicto asino fiorini quattro larghi d’oro.”
I romiti della Casella si susseguirono nel tempo, non sappiamo se ininterrottamente o saltuariamente, almeno nei primi secoli. Il 14 aprile 1733, Andrea Nofrini di fu Francesco della Parrocchia di S. Biagio in Fragaiolo, si presenta al Vescovo di Sansepolcro per ottenere la licenza “di poter mettersi l’habito del Padre S. Francesco, per farsi eremita per poter magiormente servir a Dio in questa sua bona vocazione.”
Dalla fine del XVI secolo in poi si hanno molte notizie sull’Eremo, molti nomi di romiti che vi soggiornarono, dettagliate descrizioni dell’interno della chiesa e del romitorio, inventari degli arredi sacri e rendiconti molto precisi sulle entrate, le uscite e le oblazioni dei benefattori.
Grandissima è sempre stata la devozione con cui gli abitanti dei paesi vicini salivano all’ Eremo per celebrare i riti religiosi, tanto che l’ultimo romito sembra sia stato Giuseppe Veri di S. Giorgio a Salutio che fu eremita su quel colle fino all’inizio del nostro secolo.
Da allora per moltissimi anni sia la chiesa che il romitorio sono rimasti abbandonati ed erano ormai gravemente rovinati quando, negli anni ’80, il desiderio di ricostruire l’Eremo dei fedeli di Chitignano, Caprese, Subbiano e Chiusi della Verna si è unito alla competenza di amministratori ed enti pubblici illuminati, e in termine di pochi anni di duro lavoro, in gran parte volontario, l’Eremo della Casella è tornato all’antico splendore.
Oggi siamo tornati a respirare quell’aria di Santità che si è sempre respirata da quel lontano 1228, e non è difficile, guardando verso il Santuario della Verna, immaginare il vecchio S. Francesco, piangente sul suo asino che si ferma, si inginocchia a terra e prega.